lunedì 23 gennaio 2012

Un certo languorino

La fame di cazzo si acutizza d’estate? Io ne ho sempre così tanta che mi sembra davvero difficile dare una risposta e fare confronti. Alterno cicli di frenesia sessuale in cui essere chiavato è un’esigenza praticamente quotidiana, a brevi momenti di riposo, di distrazione, direi. Di questi ritmi miei personali le stagioni sembrano partecipare ben poco. Eppure tenderei a credere che sì, i corpi finalmente seminudi o già completamente svestiti e offerti alla vista, il calore del sole, la natura che si è già risvegliata dal letargo invernale, e che anzi sta iniziando lentamente il suo declino, invitano per sè soli a sane e sudate scopate. Sembra che con gli indumenti che ci leviamo, se ne vadano anche certe inibizioni e sovrastrutture che hanno l’aria di essere state create apposta per impedirci il coito. Torniamo ad essere un po’ animali e questo è il bello.
Durante le vacanze estive generalmente mi pongo pochi, concreti obiettivi. Uno di questi è certamente di lasciarmi guidare solo dai miei ormoni e di offrirmi a quanti più uomini possibile. Bisogna ammettere che la frequentazione di spiagge naturiste dotate di “quinte” (generalmente dune o zone con alberi o arbusti) mi aiuta non poco a mettere in pratica i miei sanissimi propositi. L’esperienza acquisita nel campo (e sul campo) è varia ed è di livello internazionale. Mi piacerebbe condividerla e lo faccio postando questi “quadretti estivi”. Scritti generalmente poco tempo dopo aver commesso il fatto, sono in ogni caso un ritratto fedele e veritiero di quanto accaduto.

I.
Come sempre, anche oggi io e il mio ragazzo scegliamo il posto di sempre, un po’ nascosto tra le dune di sabbia bianchissima e fina e i cespugli. È una posizione perfetta perché presenta due vantaggi: è piuttosto vicino alla battigia, tanto che ci vogliono solo pochi passi per raggiungerla, ma confina direttamente con la zona nella quale, per ore ed ore, ferve l’attività di uomini di ogni età e orientamento, in cerca di conforto. Come sempre, anche oggi ci spogliamo completamente e, alternandoci, andiamo a passeggiare e a vedere che succede da quelle parti. I primi giri che faccio risultano tediosamente infruttuosi. Del resto è abbastanza presto e c’è poca gente. Tuttavia, noto che un ragazzo abbastanza giovane (avrà si e no trent’anni) mi osserva da lontano. Il suo interesse si fa più evidente quando mi bagno per cercare un po’ di refrigerio e lui si pianta sulla riva a guardarmi e a gonfiare un po’ ciò che riempie il suo costume nero (sì, è tessile, e io tendo a diffidare sempre dei tessili che frequentano spiagge nudiste. Eppure sembra carino e, per il momento, tanto basta).
E così, alla ronda successiva che compio nella zona scopereccia, mentre sto aspettando un po’ d’ispirazione in un gruppo di cespugli molto vicini al posto dove abbiamo piantato l’ombrellone e steso gli asciugamani, spunta lui all’improvviso e si avvicina. Mi sfiora l’uccello, che in pochi secondi si mette sull’attenti. Sotto il costume si nota che anche il suo cazzo è duro. Ha la pelle abbronzata, i capelli neri e un piccolo tatuaggio proprio sopra la linea superiore del costume. Mi arrapa senza che ne comprenda bene la ragione. Non è solo il suo corpo, bello, ben proporzionato, dalla carnagione scura o il suo sguardo un po’ perverso, ma qualcosa di più. Solo molto tempo dopo capirò che ciò che mi affascinava era il suo modo di fare, i segnali che mi inviava: “sono una bestia, sono attivo, sono dominante”, questo era ciò che il suo corpo cercava di dire al mio e, a parte la mia coscienza, tutto il mio corpo lo aveva captato perfettamente, soprattutto le mie cavità più ricettive.
Eccolo allora prendere di colpo l’iniziativa: si abbassa il costume per permettermi di toccargli il cazzo. È un po’ strano: durissimo, curvato verso l’alto, di una taglia media però con una cappella enorme. Mi mette una mano in testa e la spinge verso il basso in un gesto inequivocabile: vuole che glielo succhi. Questo modo di chiedere un pompino, così diretto e a suo modo volgare, mi eccita moltissimo. Sicché in un secondo sono già inginocchiato con la bocca aperta e inizio il servizio.
“Ti piace il mio cazzo?”, mi chiede, come se non lo vedesse da sè. Ma nella domanda stessa sta la spiegazione: è un maiale. E nel mio gemito, emesso a bocca piena, si intravvede la cagnetta in calore che sono. Ecco forse perché non esita oltre e mi prende la testa con le due mani e comincia a scoparmi la bocca. Ogni volta che la cappella sbatte contro la mia gola, mugolo.
La toglie con uno scatto. Starà per sborrare, penso io. No, abbiamo detto che è un maiale.
“Chiama il tuo amico”, mi dice.
“Vuoi?”, gli rispondo, un po’ stordito.
“Sì, vai a chiedergli se viene anche lui”.
Lo lascio lì, percorro i quattro passi che mi separano dal posto dove abbiamo gli asciugamani e di colpo vedo il mio ragazzo che mi guarda sorridendo.
“C’è un ragazzo che vuole che partecipi anche tu. Vuoi?”, chiedo io, col cazzo ancora duro.
“Dove?”
“Proprio qui dietro. È molto eccitato, andiamo subito, dài”.
“Va bene”.
Ci avviciniamo a lui e vedo che ha scelto un posto un po’ più riparato dai cespugli, pur rimanendo alla portata di un uomo che, un po’ più distante, ci osserva col cazzo in mano. Appena arriviamo, abbassa il costume del mio ragazzo, mi spinge di nuovo verso il basso e, mentre gli fa una sega, avvicina la cappella alla mia bocca e preme finché non la schiudo. Il suo cazzo mi scivola in bocca e io ricomincio a spompinarlo, anche se di tanto in tanto me la tolgo per gustarmi un po’ la minchia del mio ragazzo. Passo da una all’altra ma il ragazzo vuole nuove sensazioni: prende la mia testa e la tiene stretta e ferma tra le sue mani per spingere il suo cazzo fino in fondo alla mia gola. Rimane fermo così per un po’ e lo sento respirare affannosamente, finché comincia a muoversi e mi scopa di nuovo la bocca. Mugolo e non vedo bene ciò che accade, anche perché l’unica visuale disponibile è quella del suo pube che va e viene. A un certo punto fa uscire il suo cazzo e dirige la mia testa verso quello del mio ragazzo. Sbocchino entrambi alternativamente, vedo che lo eccita osservare come mi piacciono i cazzi, però, mentre mi sto dedicando a lui, estrae l’uccello di colpo dalla mia bocca e comincia a sborrare. È bianca e molto densa e non esce a schizzi, ma scivola giù dalla cappella. Io osservo il suo corpo teso nell’orgasmo, vedo i suoi occhi chiudersi lentamente mentre viene invaso dal piacere supremo.
“Hai visto quanta sborra aveva?”, mi chiede poi il mio ragazzo quando alla fine torniamo agli asciugamani.
Il mio sorriso è la risposta più eloquente.

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